Le classi terze della Scuola Secondaria
dell’I.C. “Deledda – S. G. Bosco”
incontrano il giornalista Michele Pacciano
Il giorno 03 dicembre scorso, in occasione della giornata mondiale per la disabilità, le classi terze della Scuola Secondaria hanno avuto l’opportunità di incontrare il giornalista Michele Pacciano. L’evento, organizzato dai professori Acito, Zicari e Ribecco, referenti dell’inclusione della scuola, è inserito in un percorso sulla tematica che il nostro istituto ha fortemente voluto e che porta avanti da circa tre mesi, attraverso incontri di riflessione con docenti, famiglie e alunni.
In apertura la lettera scritta da Francesco, un ragazzo con la sindrome di down, e a leggerla è stata proprio sua madre. È stato un momento di sincera commozione.
Subito dopo si è esibita la classe terza di percussioni del prof. Ribecco, di cui fa parte anche il nostro compagno Francesco, che, tra l’altro, vanta un grande senso ritmico.
Emozionante è stato ascoltare la testimonianza di Michele Pacciano, giornalista la cui biografia ci è stata tracciata dalla prof.ssa Lattarulo: maturità classica, laureato in giurisprudenza, ha collaborato e collabora per diverse testate giornalistiche, consulente Rai per i problemi della disabilità; profondo conoscitore di storia, del Medio Oriente e direi anche di musica, scrittore del libro autobiografico “A come Amore”.
Dalle parole di Michele tanti insegnamenti e spunti di riflessione. Quali? Ci ha detto che i docenti severi sono quelli che lasceranno un segno in noi e ci daranno gli strumenti per far emergere il talento che ognuno ha, che prima che disabili, neri o bianchi, siamo persone, che la disabilità non è solo un giorno, ma si affronta tutto l’anno ed è una vera “deflagrazione termonucleare”, come lui stesso la definisce, e non si accetta mai.
Ha raccontato di essere stato in America e di aver avuto una terapista tibetana che aveva riconosciuto subito la sua intelligenza, tuttavia lo aveva stimolato a non fare il principe, ma a diventare autonomo: non coccole, non piatto pronto, avrebbe dovuto confrontarsi con il mondo.
Ha riferito che ha cominciato a sentire la sua diversità a scuola: non poteva scrivere come gli altri. La macchina da scrivere fu la sua salvezza, gli amici entusiasti lo attorniarono e in quel momento Michele si sentì uno di loro. Dice che la sua Lettera 32 gli manca, pigiare i tasti bianchi e neri era faticoso e gli permetteva di esercitare la manualità.
Ci dice che la disabilità è uno strumento dell’amore di Dio, perché per un disabile ogni tappa è una conquista, è questo che permette di sentire l’amore di Dio. Dio è l’amore che ognuno ha dentro.
Alla domanda circa una sua esperienza negativa risponde che ogni esperienza, anche quella meno piacevole, diventa formativa e fa crescere, persino un funzionario troppo zelante che un tempo gli chiese una firma in corsivo, nonostante la compromissione della motricità fine, gli ha insegnato la forza della rabbia.
Precisa come le barriere architettoniche siano barriere mentali delle persone, simbolo di una cultura che va cambiata.
Alla domanda: “A che cosa non si è mai abituato?” risponde che ci si abitua a tutto, soprattutto se si ha il supporto della famiglia e si vive in un ambiente che ti accoglie.
Invita, infine, noi ragazzi a non arrenderci mai di fronte alle avversità della vita.
Devo dire che mi è sembrata una persona alquanto acuta, preparata e intelligente.L’evento si è svolto al fine di trasmettere un importante messaggio d’inclusione: credo che attraversoil mezzo dell’emotività anche al più caparbio degli uomini qualche parola venga trasmessa. È per questo che a me rimarrà più di qualche parola di questo incontro e la cosa che non dimenticherò sarà la parlata di quell’uomo che, in fondo, la difficoltà non la conosce.
Giuseppe Sannelli
3^ A Scuola Secondaria